Storie di un attimo

Da bambino vedevo un telefilm australiano, si chiamava avventure in elicottero. Era la storia di un bambino che aveva ricevuto in dono dagli aborigeni un boomerang magico, capace, se lanciato, di fermare il tempo. Veniva usato per risolvere ogni sorta di situazioni complesse, quelle nelle quali l’impetuoso scorrere degli eventi diventava, come un fiume in piena, impossibile da controllare.

Ho avuto altre volte nella vita l’esigenza e l’opportunità di riflettere su questa cosa. Nello sport, giocando per tanti anni a basket, quando i time out serviva, in qualche modo, ad arginare la verve degli avversari o a scuola, quando fra i presocratici mi sono ritrovato a studiare il panta rei, (tutto scorre) del buon Eraclito, sintetica e sicura presa di coscienza di come tutto sfugga alla nostra vita e sia difficile da fissare.

Ma solo quando il demone della fotografia ha cominciato a imperversare fra i miei interessi giovanili ho scoperto l’arcano. Bastava fare clic e un sorriso, un attimo, un amico, una barca con le vele rosse e bianche rimanevano per sempre fissati da qualche parte. E questa qualche parte resisteva al tempo. Ai sorrisi che cambiano, si affievoliscono e scompaiono, alle vele che si stingono e sfilacciano, ai posti che da bellissimi diventano bruttissimi, alle persone che vanno via da questa vita e che dalla memoria ti salutano sbiadite e quasi inconoscibili.

Nelle fotografie tutte queste cose sono nitidissime. Perfettamente a fuoco. Come se l’inesorabile azione della storia non potesse nulla contro di loro e la composizione chimica delle emulsioni rappresentasse un elisir di lunga vita, immarcescibile, eterno.

Ho studiato molto la fotografia, ho esaminato tanti archivi, schedato fondi e repertori, mi ci sono pure laureato su un album fotografico. E sempre, l’emozione di scoprire che un attimo sconfiggeva l’eterno mi ha fatto sognare. Mi ha fatto entrare nei cunicoli della grande guerra, nel fronte africano della patinata rivista signal, nelle rivoluzionarie prospettive di Capa e di Gherda Taro della guerra di Spagna. Nelle piazze del maggio francese di Bresson e nelle selve incendiate dal napalm del Viet Nam.

La fotografia è tutto questo. Emozione, attimo storia riflessione, stupore.

E oggi, nel vorticoso turbine d’immagini e informazioni che è il nostro tempo è un grande classico. Una vecchia ed elegante signora che, con più di un secolo e mezzo di storia, ancora può permettersi di dire la sua in un mondo dove tutto è visto e filmato. Come pinocchio o cappuccetto rosso è ancora il supporto visivo del nostro immaginario, molto più forte di qualsiasi altro media.

La celebriamo con questo piccolo atto d’amore di un gruppo di appassionati, giovani e meno giovani, maschi e femmine, scapoli e ammogliati, professionisti e no. Cosi, con la leggerezza e l’eleganza che merita, con la passione per gli strumenti che la generano, con gli stili e le forme che l’hanno resa famosa. E negli spazi che l’hanno fatta amare da tutti, quelli della quotidianità, della gente, del suo immenso pubblico. Perché il medium è bizzarro ma fantastico. E questo, noi, lo sappiamo bene.

Marco Navone